Nel luglio 2017 mi trovavo -in giornate con una temperatura molto simile a quella di questi giorni- a dovermi dannare l’anima insieme a tanti attivisti e tanti lavoratori dei vigili del fuoco e della protezione  civile ,perché vedevo andare a fumo un patrimonio boschivo ed ecosistemico immenso, come quello del Vesuvio.

E in quei momenti all’impotenza si sommava la rabbia e al dolore:

perché sapevo che tutto questo si sarebbe potuto tranquillamente evitare con una maggiore attenzione alla prevenzione,

con un controllo maggiore del territorio,

con una gestione del bosco che fosse appena accettabile, rispetto all’abbandono che io conoscevo.

Alla fine finì che bruciarono 2000  ettari di patrimonio boschivo (…che ancora oggi sono più o meno tutti nelle stesse situazioni di  sei anni fa )Parco nazionale del Vesuvio accertò che in un’area che interessava undici comuni, c’erano stati 24 incendi divampati in momenti diversi con danni per 17 milioni di euro

Giovedì ho rivissuto quelle stesse sensazioni anche in maniera più forte . L’incendio di Soccavo è stato qualcosa di devastante sull’ecosistema di quell’area.

Per due motivi fondamentali.

Il primo motivo è che quella un’area che ogni anno tende ad andare a fuoco. Vedremo con le indagini se come sembra l’incendio sia stato doloso.

Ma anche se non fosse stato doloso sarebbe sicuramente partito da una mano umana

Non fosse altro per “il solito contadino” che tende a bruciare -contro la legge- sterpaglie in un periodo climatico come questo.

Ma questo lo vedranno gli inquirenti

Ma rimane il fatto che li parliamo di in un territorio compreso tra    Soccavo, Pianura, e la collina dei Camaldoli che è stretta tra Marano e il vomero  

Quindi in un’aria altissimamente antropizzata.

E non si può non pensare che la pressione antropica fortissima che c’è , non possa fatalmente creare le condizioni ( soprattutto con queste condizioni climatiche) per degli incendi.

Perché l’idiota di turno, il pazzo, oppure quello semplicemente interessato (per motivi oscuri) a fare un atto delittuoso del genere, purtroppo la storia di questo paese ci insegna che lo si trova sempre…..

Per cui lì ci dovrebbe essere un controllo, e soprattutto una cura di quelle aree, che invece purtroppo non c’è. 

Perché il Parco Dei Camaldoli ( o delle Colline) si trova da almeno vent’anni in una situazione di abbandono dovuta a una “non gestione” frutto della competenza contemporanea sia della regione Campania che del Comune di Napoli:

con risultato di un immobilismo irritante :

e l’ente Parco si trova quindi senza personale, con pochissimi fondi a dover fare i miracoli su un’area di circa 215 ettari ( 135 ettari di bosco )

Ma l’incendio è partito dal basso cioè dall’area di Soccavo vicino al ponte della tangenziale della tangenziale di Napoli.

Quella è un’area in cui rimane qualche traccia di gestione delle campagne da un punto di vista agricolo, ma che la per la maggior parte sono abbandonate;

e poi c’è tutta l’area a ridosso della collina- fino alla parte più apicale- che invece è zona boschiva protetta da una ZSC.

zona boschiva solo sulla carta, perché essendo stata colpita dal fuoco più volte nel corso degli ultimi trent’anni li di bosco ne rimasto pochissimo (e dopo in questo incendio come potete vedere dalle immagini non è rimasto veramente più nulla)

Area di altissimo pregio ecologico e con grandissimo potenzialità sia per la parte agricola sia per la parte di conservazione ma che incredibilmente rimane in uno stato diffuso di degrado e di abbandono.

E qui parte la seconda considerazione:

quello che è successo a Soccavo non è soltanto grave per le conseguenze immediate dell’incendio (che sono plasticamente visibili a tutti anche dalle immagini che pubblico) ma anche perché in proiezione questo disastro ne comporterà un altro appena arriveranno le piogge autunnali.

Perché quel costone  tufaceo, completamente spoglio di vegetazione e già fortemente a rischio di dissesto idrogeologico,  diventerà molto facilmente rischiosissimo per colate di fango o vere e proprie frane che andranno a colpire gli abitati sottostanti nel prossimo autunno.

E quindi, dato che la prima segnalazione ai vigili del fuoco da parte degli abitanti di Soccavo, è partita alle ore 12:00 del giovedì in cui si segnalava il primo focolaio che si sarebbe potuto spegnere con enorme facilità entro le prime due ore , e’ rimasto senza interventi per ben 7 ore!

E abbiamo dovuto attendere le 18:30 per vedere il primo elicottero che si portava sull’area per provare a spegnerlo :

ma nel frattempo quel focolaio era diventato un incendio vero con un fronte di circa 500 m dall’apice della collina dei Camaldoli fino quasi all’abitato e che spinto dal vento, si è mosso sia in direzione del vomero che sia in direzione di pianura:

quindi con due fronti diversi che era difficilissimo da fermare

Infatti la sera del giovedì gli elicotteri dopo circa  due interventi si sono dovuti fermare per la sopraggiunto oscurità;

e quindi l’incendio ha avuto tutta la notte per poter compiere il disastro che vediamo.

 la domanda che quindi io faccio è:

aldilà del rimpallo di responsabilità fra l’Enel (che doveva disattivare l’alta tensione sui tralicci), e i conseguenti ritardi da parte della dell’attivazione da parte del DOS del servizio di spegnimento sia da terra che con canadair e elicotteri  

di chi è la colpa?

Perché deve essere chiaro che in questa brutta storia le responsabilità di qualcuno che non ha saputo prendere la decisione giusta al momento giusto e soprattutto con la tempistica giusta, è sicuramente lampante .

e sarà lavoro degli inquirenti andarla a verificare:

perché lì adesso ci sono danni ambientali per milioni di euro e rischi per la popolazione che- come ho provato a descrivere -non sono stati solo dovuti al fuoco nell’immediato ma saranno anche conseguenza del fuoco nei prossimi mesi(dissesto idrogeologico)

Quindi risulta conseguenziale che quelle almeno cinque ore di ritardo non hanno solo come conseguenza il disastro ambientale dovuto all’incendio ma avranno su di loro anche il peso di tutti quelli dovuti alle possibili frane e colate di fango e dei inevitabili danni a persone e cose, che provocheranno nei prossimi mesi.

Ora 20 ettari di quella superficie appartengono all’associazione che l’onore di presiedere e dalle cui pagine scrivo.

GeaEts porrà con un esposto alla procura della Repubblica queste domande agli inquirenti, oltre che una denuncia contro ignoti per l’incendio,  perché riteniamo che questa storia non possa finire all’italiana:

cioe col solito “è stata colpa di tutti e quindi non è stata colpa di nessuno”

Invece da questa storia  si dovrà capire che le responsabilità -laddove siano evidenti -dovranno essere punite in modo da farne un esempio perché  disastri come questi non succedano più.


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