l’ultimo studio sull’impatto ambientale dell’allevamento di animali da carne non lascia adito a dubbi. Se vogliamo dare una svolta alla lotta contro il riscaldamento del pianeta, dobbiamo ridurre sensibilmente il consumo di carne e di alimenti provenienti dalla filiera animale.
Condotto da Michael B. Eisen (U.C. Berkeley, USA) e Patrick O. Brown (Stanford, USA), lo studio è pubblicato su PLoS Climate.
BISTECCA AL BANDO. I ricercatori hanno messo a punto un modello di calcolo secondo il quale il progressivo azzeramento, entro i prossimi 15 anni, dell’allevamento di animali da carne ridurrebbe del 68% le emissioni di CO2 entro il 2100. Un decremento drastico, che ridurrebbe del 52% le emissioni totali e che, secondo gli scienziati, sarebbe indispensabile per contenere entro i 2 °C l’aumento delle temperature medie rispetto all’epoca pre-industriale.
Il vantaggio ambientale sarebbe da attribuire all’abbattimento delle emissioni di metano e di protossido d’azoto prodotte dagli animali, ma anche alla riconversione in ecosistemi naturali di tutta la terra che oggi viene coltivata per sfamare mucche e maiali.
Secondo Patrick Brown, rinunciare ad hamburger e salamelle sarebbe perciò una soluzione pratica e immediatamente applicabile per risolvere il problema dei gas serra e dei cambiamenti climatici, a differenza di ciò che comporta la transizione energetica, più complessa e di difficile realizzazione in tempi rapidi.
CONSIGLI INTERESSATI. A dirla tutta Brown non parla di “rinunciare alla carne”, ma di rinunciare alla carne animale. Magari sostituendola con quella prodotta in laboratorio da Impossible Food, azienda di cui è fondatore e Amministratore Delegato. Brown insomma sembra tirar l’acqua al suo mulino, ma va anche detto che non è il primo a puntare il dito sull’impatto ambientale dell’allevamento.
L’analisi dei dati pubblici sulle emissioni derivanti dall’industria della carne parlano chiaro: la una drastica riduzione del numero di animali allevati a scopi alimentari, bovini e suini in particolare, potrebbe abbattere in maniera significativa la quantità di metano e nitrogeno in atmosfera, e la CO2 potrebbe essere riassorbita e compensata dalle foreste che andrebbero a sostituire le coltivazioni di foraggio e lo spazio dedicato all’allevamento.
CHE COSA METTI NEL CARRELLO? I ricercatori hanno formulato quattro possibili scenari: da quello più estremo e irrealizzabile, che prevede l’immediata sospensione del consumo di carne in tutto il mondo, a uno più facilmente ipotizzabile che riduce progressivamente il consumo di proteine animali nei prossimi 15 anni. In quest’ultimo scenario, a parità di emissioni da parte di tutti gli altri settori non legati all’agricoltura, si avrebbe entro 30 anni una riduzione del 70% dell’effetto riscaldamento.
La transizione verso un modello di alimentazione globale privo di proteine avrebbe però notevoli conseguenze sul piano economico e sociale. Nel loro studio gli scienziati non affrontano questo tema, ma si limitano a sottolineare come l’impatto potrebbe essere rilevante soprattutto in certe zone del pianeta.
Ma se è chiaro che la ricerca di Brown deve essere considerata come una provocazione scientifica, è altrettanto chiaro che prima di tutto noi, come consumatori, dobbiamo acquisire una nuova consapevolezza quando facciamo la spesa e valutare anche scelte nuove e sostenibili.
Rebecca Mantovani
Focus del 12 febbraio 2022