Le centrali a biomassa sono una tra le fonti di energia alternativa più dibattute e controverse nel nostro Paese.

Le criticità legate alle centrali a biomasse in Italia sono per lo più legate alle normative attualmente in vigore che non regolano in modo chiaro gli aspetti più importanti legati al funzionamento e approvvigionamento di questo tipo di impianti.

Le centrali a biomasse rientrano per definizione tra le fonti di energie rinnovabili e sono le più utilizzate in Italia perché offrono molti vantaggi in termini sia economici che ambientali.

Che cos’è la biomassa?

La Direttiva Europea 2009/28/CE definisce la biomassa come “la frazione biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui di origine biologica provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, comprese la pesca e l’acquacoltura, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali e urbani”.

 

La biomassa è composta da scarti della natura, che non posso essere riutilizzati in nessun modo e che aspettano solo di essere smaltiti.

 

In questa definizione rientrano ad esempio la legna da ardere, gli scarti delle lavorazioni agricole e forestali, olii vegetali, sterco e reflui degli allevamenti, gli scarti delle piantagioni di pioppo e di mais.

Per poter essere convertite in energia, le biomasse devono subire processi termici, chimici o biochimici: da qui la necessità di creare centrali a biomassa di piccole o medie dimensioni.

 

Tanto è ancora lo scetticismo nei confronti delle centrali a biomasse, con la nascita di comitati locali ogni qualvolta si presenta l’opportunità di una loro realizzazione.

 

Così come avviene per altre impianti che sfruttano fonti energetiche rinnovabili anche più conosciute, come eolico o solare.

 

Alla diffidenza generale, bisogna poi aggiungere il mero calcolo politico, per opera di amministrazioni locali che, per scopi soprattutto di consenso, si elevano a paladini del territorio.

 

Ma visto che ogni dibattito va affrontato partendo dalla conoscenza su quanto si discute, meglio descrivere cosa sia una centrale a Biomassa.

Per capire come funziona e se è giusto essere diffidenti nei suoi confronti.

Come funzionano le centrali a biomassa

Le centrali a biomassa funzionano grazie alla combustione di materiale organico di scarto di origine biologica. Di seguito un breve e semplice riepilogo del loro funzionamento:

  1. Si parte dallo stoccaggio, ovvero dalla raccolta di tutto il materiale per la combustione, che viene trasportato fino alla centrale e trasformato in “cippato” ovvero in cumuli di scaglie di piccolissime dimensioni che occupano poco spazio e possono così essere tenute in centrale più a lungo.
  2. La biomassa, divisa in cumuli di cippato, passa in un secondo edificio all’interno della centrale, dove viene suddivisa in base alle dimensioni e alla tipologia di materiale e trasportata al magazzino corrispondente.
  3. Ciascun cumulo viene trasportato nel forno per la combustione, che può raggiungere temperature molto elevate.
  4. Il calore sprigionato dalla combustione permette l’evaporazione dell’acqua che si trova nel circuito termodinamico.
  5. Il vapore attraversa le tubazioni della caldaia, si espande in una turbina a vapore (simile a quelle delle centrali termiche convenzionali) che può essere a bassa, media e alta pressione
  6. La pressione generata muove un generatore elettrico che genera a sua volta energia elettrica.
  7. Tutta l’energia prodotta viene immessa nel sistema attraverso la rete elettrica più vicina.
  8. Il vapore acqueo proveniente dalla turbina viene trasformato in liquido nel condensatore, e da qui è inviato nuovamente al serbatoio di deposito.
  9. I fumi di scarico prodotti dalla combustione, passano attraverso una sorta di “processo depurativo” che avviene nel forno e che riduce la concentrazione di gas e particelle incombusti. Questa fase è molto importante per ridurre le emissioni di gas inquinanti in atmosfera.
  10. Le ceneri e le scorie di lavorazione vengono raccolte e trasportate in un pozzo adiacente alla centrale, per poi essere trasportate in discarica.

Tutti i pro delle centrali a biomasse

Le centrali a biomasse offrono diversi vantaggi sia dal punto di vista economico che ambientale.

  1. Le centrali a biomasse si basano su un meccanismo virtuoso di riciclo e riutilizzo degli scarti. Sono quindi una fonte di energia rinnovabile non solo perché una parte di questi scarti sono di origine naturale, ma anche perché offrono un’alternativa sostenibile al riciclo di questi materiali per ridurre gli sprechi e migliorare la gestione dei rifiuti.
  2. Le centrali a biomasse non incrementano la quantità di anidride carbonica in atmosfera. La quantità di carbonio contenuto nella biomassa infatti fa già parte del ciclo naturale del carbonio.
  3. Le centrali a biomasse sono l’unica forma di energia rinnovabile in grado di stoccare i materiali da utilizzare per la produzione di energia. Questo è un vantaggio importante perché permette un’erogazione continua e costante di energia, che non è possibile fare con le altre fonti di energia rinnovabile come l’energia solare.
  4. La biomassa è una fonte di energia ampiamente disponibile.
  5. Le centrali a biomasse non hanno bisogno di tecnologie particolarmente sofisticate e dunque sono più economiche.
  6. Grazie ai loro costi ridotti, le centrali a biomasse possono essere una valida alternativa all’utilizzo di carbone e petrolio nei paesi in via di sviluppo.
  7. La biomassa viene utilizzata anche per produrre biogas, una risorsa utile anche come combustibile alternativo per le autovetture.

Tutti i contro delle centrali a biomasse

 La domanda principale è questa:

quale biomassa ci troveremo a gestire sui nostri territori?

Esiste la biomassa legnosa, data da alberi, colture dedicate o residui delle lavorazioni agricole.

Insomma, un materiale sostenibile e realmente bio.

Poi però c’è un altro tipo di biomassa, definita tale per decreto ministeriale.

Infatti diventa comparata alla biomassa anche il Css (combustibile solido secondario). Per decreto, infatti, tale prodotto derivato dai rifiuti diventa “end of waste“, cioè fuori dall’elenco dei rifiuti, quindi gestibile come una biomassa combustibile!

Parlare di Css, significa fare riferimento a prodotti a matrice plastica, lavorati e miniaturizzati, ma sempre di origine plastica.

Se daremo sviluppo ulteriore alla combustione di tali “biomasse per decreto”, ci ritroveremo piccoli inceneritori sparsi sul territorio.

Ma anche la stessa biomassa derivante da legna trova i suoi detrattori.

Esistono infatti due correnti di pensiero.

  • chi sostiene le centrali a biomasse, asserendo che la nuova tipologia di macchinari permette di controllare quasi totalmente le emissioni e di considerare pari a zero il bilancio di CO2 emessa, rispetto a quella incamerata dal legno che si brucia.
  • chi ritiene che le centrali a biomasse siano dannose, perché il processo di combustione implica l’emissione di sostanze nocive.

In effetti nella combustione vengono emessi composti organici volatilidiossine, metalli pesanti e particolato ultrasottile (nanopolveri).

Sono sostanze contenute nel legno e sono la fonte di maggiori pericoli per gli esseri viventi, in quanto talmente piccoli da legarsi alle molecole, generando forme tumorali.

Una centrale che utilizza un processo di combustione, inevitabilmente immette nell’aria particolati pericolosi e CO2.

Si tratta di capire se la realizzazione di una centrale a servizio pubblico può far chiudere altre fonti di emissioni, la cui somma è superiore a quella emessa dalla centrale stessa.

In questo caso si potrebbe sostenere che la centrale ha un senso di sostenibilità.

Diversamente, si aggiunge alla situazione esistente, aggravandola e, quindi, non è compatibile con l’ecosistema che ospita.

La verità, quindi, sta nel mezzo delle due visioni.

E dipende in buona sostanza dal singolo impianto, dal materiale che viene utilizzato e dai processi e da quanto corta è la filiera:

tanto più è corta, tanto migliore il profilo della convenienza economica ed ambientale.

  (Per essere al 100% sostenibili, le centrali a biomasse quindi dovrebbero essere situate vicino a zone agricole (ce ne sono molte in Italia), dovrebbero avere dimensioni adatte alla quantità di materiale da riciclare, senza sottrarre terreno all’agricoltura e andrebbero create con l’intento di impiegare manodopera locale, in modo da offrire un vantaggio economico oltre che ambientale al territorio.)

Infine, se si confrontano le centrali a biomasse con le centrali a carbone e petrolio, le centrali a biomasse hanno un minor potere calorifico rispetto a quelle che utilizzano fonti fossili, che è più che doppio.

Nonostante la strada verso la sostenibilità ambientale sia ancora lunga e complessa, le centrali a biomasse, se ben utilizzate, rappresentano un passo in più verso nuove forme di energie alternative.

 

Ma per renderle realmente utili alla produzione di energia pulita, il legislatore oltre a concedere incentivi, dovrebbe anche chiarire cosa ci possa finire dentro.

 

Perché norme troppo vaghe sono altamente pericolose per la comunità, visto che, come detto, lì dentro ci finirebbero pure materiali che di bio non hanno proprio niente.

E quello oggi e’ il vero problema.

 

fonti:
Tutto Green 2017
Cis 2019


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